Mai soprannome per un’arma fu più appropriato.
Nel 1939, in previsione della guerra che Hitler stava progettando, si cercò una soluzione a un problema che già aveva condannato la Germania alla sconfitta nella Prima Guerra Mondiale.
Il “problema” era la Royal Navy britannica, e la soluzione era appunto il “Münchhausen”.
L’idea che la marina britannica potesse mettere in atto un blocco navale ed affamare la Germania era un chiodo fisso per Hitler e i suoi strateghi, e la soluzione più ovvia, il riarmo della Kriegsmarine, era costoso, impossibile da nascondere e senza garanzia di successo.
La Royal Navy infatti agì come negli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale, costantemente eguagliando o superando la potenza navale tedesca, con nuovi vascelli varati ogni anno, in modo da mantenere la superiorità in mare.
Così la Germania nazista escogitò un nuovo modo per attaccare le navi britanniche, montare un cannone da 355 millimetri su un aeroplano.
Si.
Un cannone navale, quasi grande come quelli di una corazzata (la Bismarck aveva dei cannoni da 381 millimetri), montato su un aereo.
Il che sarebbe come dire di voler montare un fucile su un gatto, per ammazzare un orso.
L’idea, che giustamente appare giusto un attimo peregrina, aveva però una sorta di senso se vediamo le caratteristiche del cannone in questione.
Anzitutto non si tratta di un cannone normale (e vorrei vedere, per stare su un aereo…), ma ha un sistema particolare per gestire il rinculo, che sarebbe altrimenti inconcepibile.
L’idea è che, se dalla parte anteriore della canna esce il proiettile, si può annullare (leggasi “rendere a stento gestibile”) il rinculo facendo in modo che una massa equivalente al proiettile esca dalla parte opposta.
Ora, il cannone doveva sparare un proiettile di quasi una tonnellata e mezza (1457 kg, per la precisione), perciò questo metodo prevedeva che nel design si tenesse conto non solo del proiettile vero e proprio ma anche di una carica di pallettoni da una tonnellata e mezza.

E qui vi rimando all’immagine di prima.
Un’altro punto, che da al design un filo di senso, sono le alternative.
Nel 1939 non c’erano missili, e i metodi per attaccare una nave da un aereo erano due, siluri o bombe.
O si montava un siluro su un aereo e lo si faceva volare verso il bersaglio, a volo radente sul mare, per poi fargli sganciare il siluro, o si faceva picchiare un aereo verso il ponte della nave, sganciare una bomba, e pregare di non venire fatto a pezzi dalla contraerea.
Ovviamente questi metodi hanno dei bei problemi.
I siluri colpiscono le zone più deboli della nave, i fianchi sotto la linea di galleggiamento (appena sopra e avrebbero colpito la parte più corazzata della nave in assoluto, più di 300 millimetri nella classe Re Giorgio V britannica), ma per avvicinarsi alla nave debbono volare in linea retta verso il bersaglio, invitando praticamente tutto il fuoco della contraerea su di loro.
Le bombe evitano il problema della contraerea (in parte), ma hanno a che fare con le parti più protette della nave, qualcosa come 150 millimetri di corazzatura cumulativa fra i vari ponti ( sempre classe Re Giorgio V), che benché sia la metà della corazzatura sui fianchi, non è affatto poco.
Non solo, le bombe avevano anche il problema di aver bisogno di precisione, il che ne limitava la portata.
Come dimostrato più e più volte in seguito durante la guerra, i bombardieri convenzionali hanno grandi problemi a colpire anche bersagli enormi come una corazzata.
Nella battaglia delle Midway, appena 2 anni dopo l’ideazione del Sondergerät SG104, i bombardieri B-17 americani con base su Midway scaricarono sulle portaerei giapponesi carichi su carichi di bombe, non colpendole nemmeno una volta.
In questo contesto, l’invenzione di un terzo metodo d’attacco, in grado di affidarsi alla distanza per proteggersi dalla contraerea pur rimanendo preciso e potente abbastanza da perforare la corazza di una nave, sembrava non solo utile, ma necessaria.
E così nel 1939 il progetto fu affidato alla ditta Rheinmetall-Borsig, che gli dette il nome in codice che si merita.

Dopo aver calcolato che il cannone non avrebbe avuto rinculo (dalla teoria alla pratica…) la Rheinmetall costruì un prototipo per delle prove statiche, in cui si sarebbero verificati gli effetti del cannone sull’aereo che l’avrebbe portato in volo.
Il 9 settembre del 1940, con notevole ritardo causa guerra, venne effettuato il primo test.
La carica di esplosivo usata fu, per prudenza, ridotta, in modo da non distruggere il prototipo in caso di imprevisti, e fecero bene!
Il cannone infatti riuscì a deformare la coda dell’aereo sotto il quale era montato dopo un solo sparo.
Il rinculo, che i calcoli avevano ritenuto “nullo”, infatti magicamente non sparì solo perché qualche ingegnere della Luftwaffe aveva deciso così, ma si presentò non una, ma due volte.
La prima volta nell’atto dello sparo, e la seconda rimbalzando sul terreno sottostante, danneggiando la coda.
E tutto questo con una carica d’esplosivo depotenziata.
Usando una carica standard probabilmente l’aereo sarebbe andato in pezzi completamente.
Dopo risultati tanto deludenti, e visti i miglioramenti tecnologici a concetti ben più seri come le bombe guidate (tipo la Ruhrstahl SD 1400, chiamata dagli Alleati col soprannome di “Fritz-X”) il progetto venne accantonato, e il “Münchhausen” rimase come nota al margine della storia dell’aviazione.
Per due anni.
Ma di questo, parleremo la prossima volta.