Il film di Hellboy, in maniera per nulla scontata visti i precedenti casi di adattamento da fumetto a cinema, riesce a catturare bene la forma e le caratteristiche del Buon Samaritano.
Certo, alcune differenze sono inevitabili, ma sono ben dentro i limiti di quanto è accettabile anche dai fan più accaniti.
L’arma in per se sembra un riflesso del personaggio che la impugna.
Potentissima, pesante e che non fa nulla per essere “stealth”, o semplicemente meno rumorosa del cannone che sembra essere.
Il Buon Samaritano nel film.
Nel film, la pistola è calibro 22 millimetri, praticamente un cannone a mano, ed è costruita con materiali a dir poco esotici.
Le guancette dell’impugnatura sono fatte di legno della Vera Croce, il telaio è fatto di ferro fuso da campane di chiesa irlandesi, ferro estratto da crocefissi e argento benedetto.

In teoria, nell’universo del film e del fumetto, tale composizione di metalli darebbe alla pistola un potere repellente nei confronti dei mostri che Hellboy affronta.
L’arma spara delle cartucce esplosive (fatte a mano da Hellboy stesso, come hobby) la cui punta è riempita di acqua benedetta, pezzetti d’argento, legno di quercia e aglio, in modo da uccidere una varietà di mostri, dai licantropi ai vampiri alle streghe.
Oltre alle cartucce normali, l’arma può sparare una sorta di colpi “traccianti”, i quali all’impatto rilasciano un liquido verde luminoso, che Hellboy può seguire in modo da rintracciare comunque il suo bersaglio.
Il cilindro ha una capienza di 4 colpi, e curiosamente ha una configurazione aperta, in cui le camere di sparo non sono circondate dal metallo del cilindro.
La pistola si può usare, a detta di Hellboy, anche come arma contundente, visto che pesa circa quattro chili e mezzo, più o meno come un fucile d’assalto.
Il Buon Samaritano nella realtà.
Benchè sia stata creata semplicemente modellando dei pezzi di resina, e quindi senza usare alcuna arma nota come base, l’arma di Hellboy ha parecchie similitudini con armi che sono esistite fuori dal film.
Il Buon Samaritano si apre come una pistola Webley Mk VI britannico, e la configurazione aperta delle camere da sparo somiglia parecchio alla pistola Dardick.
Le cartucce non hanno reali equivalenti nel mondo reale, per ovvi motivi, però la cosa che più gli si avvicina (e supera, anche) sono quelle della pistola “Lil deuce”, un mostro calibro 1,3 pollici, 33 millimetri, che però non è un revolver, ma una pistola monocolpo, ad avancarica, che spara delle pallottole del peso di circa un paio di etti.
La Lil’ Deuce non fu prodotta come arma a se stante, ma come arma “compagna” di un ben più massiccio fucile a doppia canna, soprannominato affettuosamente “Double Deuce”.

Questa categoria di armi è definita come 2-bore, e si tratta di una misura anglosassone, molto poco pratica ma ancora usata per determinare i calibri di armi a canna liscia.
Praticamente significa che, per fare una libbra di peso (0,45 kg), servono 2 pallottole di piombo di quel diametro, quindi ognuna di quelle pallottole pesa oltre 200 grammi.
Fucile e pistola furono creati nella seconda metà dell’800, intorno al 1859-60 ed erano creati essenzialmente per il solo fatto che erano veramente spettacolari da vedere appesi a un muro, in pochi si azzardavano veramente a usare cannoni del genere per andare a caccia.
L’animale più grande poteva essere fermato tranquillamente con il più comodo e pratico 4-bore, che è la metà del Double Deuce, come calibro.
A questo proposito, c’è un resoconto di un esploratore britannico, Sir Samuel White Baker, risalente al 1866.

Fra le altre armi, avevo uno straordinario fucile che camerava cartucce da mezza libbra (220 grammi circa).
Questo strumento di tortura verso il cacciatore stesso non era abbastanza pesante per il peso del proiettile, pesava solo venti libbre (9 kg), perciò con una carica da 17 grammi di polvere dietro a una cartuccia da mezza libbra il rinculo era così tremendo che (dopo aver sparato) ho cominciato a girare come una banderuola in mezzo a un uragano. Ho veramente temuto il mio stesso fucile, nonostante io fossi abituato a calibri pesanti e rinculo potente per vari anni.
Nessuno dei miei uomini poteva usarlo, ed era visto con una sorta di stupore, era chiamato “Jennah-El-Mootfah” (“figlio del cannone”) dagli arabi, ma siccome lo ritenevo un nome troppo lungo, lo rinominai The Baby, e l’urlo di questo “Baby” caricato con le sue cartucce era sempre fatale.
Avevo paura di usarlo, ma ogni tanto era necessario che fosse pulito, dopo mesi in cui era rimasto carico. In quelle occasioni i miei uomini ebbero la gratificazione di poterlo sparare, e l’esplosione era sempre accompagnata da due uomini che cadevano a terra di schiena, il tiratore e chi lo aiutava a rimanere in piedi, e “Baby” che volava qualche metro dietro di loro. Questo fucile venne realizzato dalla Holland&Holland, di Bond Street, e posso caldamente raccomandarlo per Golia, ma non per un umano del 1866.
Il Buon Samaritano nella cultura popolare.
Il franchise di Hellboy, e quindi anche la sua arma più iconica, non hanno creato un grande seguito nella cultura popolare, essendo derivati da un fumetto relativamente di nicchia.
Tuttavia non mancano le miniature che ritraggono sia Hellboy col Samaritano in pugno, o la pistola da sola, con tanto di cartucce di vario tipo.
Recentemente, col proliferare delle stampanti in 3D, non sono mancate repliche del Samaritano precise al millimetro, estrapolando le dimensioni da fotogrammi del film.
A dispetto della sua scarsa visibilità però, l’arma originale ha comunque ottenuto un posto nel Prop Store di Londra.