
Nel 1914, allo scoppio della guerra, la Francia si trovò nella situazione in cui versavano pressochè tutti gli eserciti coinvolti. Vecchie armi, impiegate in vecchie tattiche ordinate vecchi comandanti. Per supplire a ciò, venne adottata la Chauchat, una mitragliatrice progettata nel 1907, ma prodotta in massa solo poco dopo l’inizio delle ostilità.
L’idea era di dotare la fanteria di un’arma meno statica delle mitragliatrici pesanti da trincea, in modo da poter supportare gli assalti di fanteria, tanto popolari nello Stato maggiore francese all’epoca, le quali fino allora s’erano arenate tutte in un bagno di sangue, anche per via dei pantaloni rossi che la fanteria francese indossava, rendendoli bersagli facilissimi per le mitragliatrici tedesche.
BUONE PREMESSE, MA PESSIMI RISULTATI

L’arma era calibro 8×50 millimetri, Lebel, la stessa usata dal fucile standard dell’esercito francese, e fu anche la prima cartuccia con polvere infume a essere adottata ufficialmente dall’esercito di un paese. Come si può vedere, è una cartuccia parecchio conica, quindi una volta accatastate le une sulle altre, le 8mm Lebel arcuano visibilmente il caricatore.
A causa di ciò, il caricatore della Chauchat è semicircolare, visto che un’arma del genere necessita per forza di cose un caricatore a grande capienza e di facile sostituzione.

Sempre per rispondere alla tattica dell’assalto frontale, si aggiunsero 2 “finestre” al caricatore, per fare in modo che il servente potesse vedere quando l’operatore della mitragliatrice avesse bisogno di cambiare caricatore, e passargliene uno nuovo all’occorrenza.
Questo però creò un problema enorme, infatti un caricatore bucato fa passare ogni sorta di spazzatura, la quale incepperà l’arma inevitabilmente. Tuttavia, nonostante questo macroscopico errore progettuale l’arma andò in produzione, e fu addirittura l’arma del suo genere più prodotta in tutta la guerra e oltre, con circa 262000 unità (1915-1922). Le necessità di guerra però aggiunsero un’altro gravissimo problema, la pessima qualità costruttiva.
Il difetto del caricatore poteva essere aggirato, bastava tenere pulita l’arma (con mostruosa fatica viste le condizione delle trincee, tant’è che spesso si usavano 4 serventi, anzichè i 2 previsti), ma nulla poteva correggere un’arma costruita in maniera talmente approssimativa che il mirino era male allineato, la canna sotto o sovradimensionata tendeva a scaldarsi troppo, causando ulteriori inceppamenti o addirittura esplosioni premature.

Chiodo finale sulla bara della reputazione dell’arma venne quando fu data agli americani nel 1917. Per necessità di produzione, il calibro fu cambiato, dal Lebel 8×50 millimetri all’americano .30-06.
La maggior potenza del .30-06 amplificò i problemi della pessima qualità produttiva della Chauchat, causando inceppamenti in cui il bossolo si incastrava tanto bene che non era possibile estrarlo senza farlo a pezzi, o addirittura esplosioni della base della canna, per via dei pessimi trattamenti termici.
Nonostante ciò, non c’era nulla di meglio prodotto in numeri vagamente sufficienti, e così la Chauchat non venne relegata nei magazzini fino al 1918, sostituita dal molto più efficiente BAR americano.
Le autorità francesi, dopo la guerra, avviarono un’inchiesta per appurare le responsabilità di chi creò quest’abominio (le ditte Gladiator e SIDARME) ma visto l’endorsement iniziale nientemeno che del Generale Joseph Joffre, e i fitti legami fra le ditte costruttrici e gli alti papaveri dell’esercito e della politica francese, detta inchiesta naufragò in poco tempo.
La Chauchat non venne formalmente ritirata dal servizio fino al 1941, solo dopo l’occupazione nazista della Francia. E’ questo uno dei motivi per cui mi piacciono le armi, talvolta nascondono storie affascinanti, come quella di una mitragliatrice pessima, malcostruita, ma che venne ritirata dal servizio solo dopo che il paese produttore venne invaso dal nemico contro cui detta arma venne concepita.